Il mondo dell’hardware è storicamente a trazione statunitense, ma negli ultimi anni abbiamo visto come la Cina stia cercando di smarcarsi dall’egemonia a stelle e strisce per controllare il proprio comparto tecnologico, ormai sempre più espressione di potenza e soprattutto di vitale importanza per evitare che le informazioni (spesso sensibili) finiscano in mani nemiche.
Anche nella Russia guidata dal padre-padrone Vladimir Putin c’è questo desiderio di puntare maggiormente su prodotti “realizzati in casa”, quindi non fatichiamo a credere che il presidente della Federazione Russa vedrà di buon occhio Elbrus-16C, un microprocessore messo a punto dalla realtà locale MCST. L’azienda ha mostrato nelle scorse ore il primo engineering sample della nuova CPU, basata sulla sesta generazione dell’architettura proprietaria VLIW e prodotta con processo a 16 nanometri.
Si tratta di un chip composto da 12 miliardi di transistor, pensato sia per desktop e server, con supporto alla virtualizzazione in hardware ed equipaggiato – come fa intendere il nome – con 16 core. Il chip opera a 2 GHz, integra un controller DDR4-3200 a otto canali e offre 32 linee PCIe 3.0, quattro porte SATA, nonché interfacce di rete 2,5 GbE e 10 GbE. La CPU può indirizzare fino a 4 TB di memoria DDR4 e ha un TDP di 110W.
In termini prestazionali si parla di 1,5 TFLOPs con calcoli FP32 e 0,75 TFLOPs con calcoli a doppia precisione FP64, ma l’aspetto forse più interessante di MCST Elbrus-16C è che supporta configurazioni fino a quattro CPU e 16 TB di memoria DRAM, quantitativo che potrebbe risultare utile nel comparto server ma anche a qualche agenzia governativa russa che necessita di molta memoria e vuole controllare l’hardware su cui transitano le informazioni.
Al momento, MCST ha mostrato un prototipo di server basato sulla nuova CPU con a bordo il sistema operativo Elbrus OS, una distribuzione Linux custom, e ha intenzione di produrre il nuovo chip in volumi nel tardo 2021.