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La rivoluzione nei Comuni tra 5mila e 15mila abitanti: Terzo Mandato

Sotto i 5mila aboliti tutti i limiti di mandato, limiti invariati sopra i 15mila

da Alessandra Battaglia

La decisione, che estende la possibilità di ricandidatura a tre mandati consecutivi, è stata accolta con reazioni divergenti, scaldando la temperatura politica e preannunciando un voto di primavera molto infiammato.

Il recente decreto legge, approvato dal Consiglio dei Ministri, che consente ai Sindaci dei Comuni con una popolazione compresa tra i 5mila ed i 15mila abitanti di ricandidarsi per il terzo mandato amministrativo  consecutivo, ha scatenato una vera rivoluzione al livello locale. Il provvedimento ha anche eliminato ogni limite per i Comuni con popolazione al di sotto dei 5mila abitanti e lasciato invariato il limite dei soli due mandati per i comuni più grandi, sopra i 15mila abitanti.

Sicuramente una rivoluzione negli equilibri: i comportamenti condotti da chi non si aspettava di trovare ancora il sindaco uscente, dopo due mandati consecutivi, di nuovo candidabile, ha messo a soqquadro la geografia politica di tante realtà dei nostri territori.

Su questo tema caldo Monolite Notizie ha video-intervistato alcuni Sindaci dei nostri territori:

  • Pierluigi Sanna, sindaco di Colleferro
  • Marco Orsola, sindaco di Saracinesco
  • Maurizio Pasquali, sindaco di San Vito Romano
  • Fausto Giuliani, sindaco di Colonna
  • Gianpaolo Nardi, sindaco di Castel San Pietro Romano
  • Federico Mariani, sindaco di Poli
  • Angelo Lupi, sindaco di Cave

Dicevamo che una delle novità più significative riguarda i comuni con meno di 5.000 abitanti, dove la candidatura del sindaco potrebbe teoricamente non avere limiti di mandato, aprendo la strada a una possibile carriera a vita per i primi cittadini di questi piccoli centri. Tuttavia, i sostenitori della normativa ribattono che se un sindaco è valido e apprezzato dalla comunità, la sua riconferma è una scelta positiva.
La decisione di ampliare a tre mandati consecutivi la possibilità di ricandidatura dei sindaci delle città dai 5.000 ai 15.000 abitanti è stata accolta con sorpresa e ha portato a una riconsiderazione degli scenari politici in molti dei nostri comuni.
Tanti cittadini e amministratori, che avevano già dato per scontato il termine dell’incarico di alcuni sindaci, si sono trovati ad affrontare una nuova prospettiva: la possibilità di continuare con l’attuale amministrazione o cercare nuove alternative.

Questa decisione si basa sull’idea di offrire maggiore libertà ai territori e ai cittadini, consentendo loro di decidere autonomamente se confermare il sindaco nell’incarico.
L’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) ha accolto positivamente la nuova normativa, definendola una
 “vittoria democratica”. Il presidente dell’ANCI, Antonio Decaro, ha sottolineato l’importanza di estendere il numero dei mandati anche per i comuni sopra i 15.000 abitanti, ma tale estensione non è stata contemplata nel decreto, mantenendo invariati i limiti di mandato per le amministrazioni più grandi..

Dunque per le amministrazioni più grandi, sia a livello comunale che regionale, non ci sono stati cambiamenti e i limiti dei mandati restano invariati. Questo aspetto resta in sospeso, non si comprende perchè per altri incarichi istituzionali ad esempio quelli parlamentari, non ci sia limite alcuno, mentre per gli incarichi dei sindaci di comuni sopra i 15mila abitanti ci debba essere un divieto che impedisce il terzo mandato.

Nonostante alcune reazioni contrastanti, il decreto legge rappresenta un cambiamento significativo nella gestione degli enti locali, con il potenziale di influenzare la vita politica nei comuni italiani.

La discussione è destinata a continuare mentre si avvicinano le elezioni amministrative del giugno 2024, e la popolazione sarà chiamata a esprimere il proprio giudizio attraverso il voto.

La possibilità di ricandidatura senza limiti era in vigore di legge già in precedenza, fino agli anni ’90, senza accendere alcuno scandalo. E anzi oggi, momento storico in cui l’impegno richiesto a chi fa politica nei comuni più piccini, e anche nei comuni di medie dimensioni, espone a rischi sempre più grandi, in proporzione non ben remunerati, e sono sempre pochissimi i candidati pronti a scendere in campo, in realtà sembra un’opportunità preziosa soprattutto vista dal ruolo di cittadini.

Quando fu introdotto il limite dei due mandati, il contesto storico e politico era molto diverso da quello attuale e una delle motivazioni riguardo il legame tra elezione diretta e il limite al numero di mandati consecutivi.
Alcune critiche si concentrarono sul presunto rischio di clientelismo e di consolidamento del potere, altri difesero la libertà di scelta degli elettori, che rimane intatta comunque, e la possibilità di mantenere sindaci competenti e apprezzati.

La Corte costituzionale evidenziò che tale limite mirava a proteggere il diritto di voto dei cittadini, evitare la permanenza prolungata nel potere e promuovere il ricambio nella leadership dell’amministrazione locale, evitare la soggettivizzazione dell’uso del potere. La Corte sostenne che il limite contribuiva a garantire la parità tra i candidati, la libertà di voto degli elettori e la genuinità complessiva della competizione a elettorale.

Per il cittadino poter scegliere se votare un candidato in più o non dargli il voto, ci sembra meglio di avere in lista un candidato in meno, specie se ci sottrae un amministratore che il cittadino può valutare per il suo recente operato da sindaco.
Sicuramente la novità ha innescato una rivoluzione negli equilibri: nessuno poteva prevedere che un sindaco uscente, dopo due mandati consecutivi, potesse di nuovo candidarsi!
Questa novità ha messo a soqquadro la geografia politica di tante realtà dei nostri territori.

Si ricordi che nelle comunità più piccole è difficile persino trovare candidati, tanto che molte realtà italiane vengono gestite da commissari.
La rivoluzione sta avendo effetti dirompenti nei comuni dove, avvicinandoci alle votazioni per il rinnovo delle amministrazioni che ci sarà a giugno 2024, adesso gli scenari sono completamente diversi. E chi era certo di ritenere “fuori dai giochi” i sindaci in carica (perchè eletti da 1 oltre 10 anni) si è trovato spiazzato.

Di certo c’è chi ha invece tirato un sospiro di sollievo contando sulla possibilità offerta all’elettorato di scegliere in libertà tra dare continuità o spezzarla.

Alcuni obiettano che così, nei paesini più piccoli, potrebbero esserci sindaci a vita. E allora?
Se un paese ha un sindaco valido e capace che viene riconfermato dai voti dei suoi concittadini per un numero illimitato di legislature, potenzialmente per sempre, qual è il problema?
Impossibile non pensare a quelle fiorenti piccole realtà che hanno la fortuna e il merito di vantare primi cittadini che ne hanno sovvertito le sorti; andrebbero clonati per dare amministratori validi a città bloccate nel commissariamento. Teniamo ben a mente che non parliamo di un diritto ereditario, ma della decisione dei singoli cittadini nella cabina di voto. Qualcuno vorrebbe darci ad intendere che adesso perfino poter scegliere un’eccellenza, nel segreto elettorale, diventa un problema? Sono sempre gli elettori a scegliere se votare o no quel sindaco o l’aspirante tale.

Uno dei fattori che rende complessa la gestione di un incarico così importante come quello svolto dal sindaco è la crescente incidenza di problemi giuridici e rischi a cui sono esposti i sindaci. I primi cittadini sono sempre più esposti a rischi di natura legale con una incidenza di “accuse” in escalation negli ultimi anni.  Molti sindaci sono stati indagati e processati, molto spesso è capitato sia successo a causa di una firma su un documento che in apparenza non appare importante. Statisticamente la maggior parte dei sindaci poi viene assolta, ma  questo “poi” dura anni e anni. Anche se alla fine arriva la soddisfazione , questo aspetto riesce a compensare solo in minima parte le energie spese in percorsi giudiziari lunghi e quasi sempre dolorosi.

Quindi se da un lato è vero che molte accuse si risolvono in una “bolla di sapone” e spesso decadono come infondate, dall’altro lato essere coinvolti in contenziosi legali rappresenta un fattore di stress notevole. I processi lunghi e ciclici, che si protraggono per anni, pongono gli amministratori di fronte a una difficile gestione del proprio incarico, spesso parallela alle lungaggini delle questioni legali. La percezione di essere costantemente sotto la lente d’ingrandimento giudiziaria può influire negativamente sulla capacità di governare e rappresentare adeguatamente e serenamente la comunità. In molti casi, i sindaci si trovano ad affrontare processi che si risolvono in nulla di fatto, dopo aver appesantito la loro vita, spesso senza motivo fondato.

Un altro ostacolo significativo per la macchina amministrativa è rappresentato dal lento turnover degli uffici comunali. Per anni gli enti locali hanno subito tagli e questo ha impoverito notevolmente le risorse tecnico-logistiche in termini di personale a disposizione del primo cittadino.
Oggi, benchè i recenti tagli agli enti locali abbiano subito una leggera riduzione, le sottrazioni di risorse ed unità hanno colpito duramente le piccole amministrazioni. La pratica di utilizzare la stessa persona come jolly multitasking si è diffusa, compromettendo la qualità e l’efficienza del servizio offerto ai cittadini.
La mancanza di risorse professionali adeguate mette a rischio la partecipazione ai bandi e ai fondi previsti dal PNRR. Nonostante i finanziamenti siano disponibili, la mancanza di progetti strutturati e la mancanza di un numero adeguato di personale specializzato che vi si dedichi, impediscono ai comuni di accedere e sfruttare appieno tali opportunità, compromettendo il loro sviluppo e la capacità di realizzare progetti cruciali per la comunità.

La difficoltà nel trovare persone disposte a impegnarsi per cinque anni alla guida di un comune è un altro nodo problematico.  La crisi di candidature è ormai un grave problema ovunque in Italia: è difficile trovare persone disposte a impegnarsi per cinque anni alla guida di un comune. Amministrare è complesso e comporta molto dispendio di energie, gli uffici sono più sguarniti rispetto al passato, hanno pochi dipendenti (specie se paragonati al passato) e con un’età media avanzata. C’è purtroppo un gravissimo fenomeno di disaffezione rispetto alla cosa pubblica e una profonda mancanza di senso civico che si riflette inesorabilmente nell’incapacità di comprendere che democrazia vuol dire partecipare alla vita politica, interessarsi alle vicende politiche e di attualità, democrazia vuol dire coltivare questo spirito di partecipazione nonostante tutto e tutti. 
C’è poi un altra questione collegata: sia giovani che adulti, spesso, non sono interessati alla politica partitica e, nelle piccole comunità, la formazione di liste civiche è una pratica comune. Tuttavia, la mancanza di coinvolgimento politico e di una comprensione dettagliata delle dinamiche partitiche può portare a una gestione politica frammentata e priva di una chiara visione di sviluppo.
In conclusione, il terzo mandato per i sindaci rappresenta non solo una sfida amministrativa ma anche un richiamo a riflettere sulla necessità di migliorare le condizioni di lavoro degli amministratori, semplificare le procedure burocratiche e promuovere una partecipazione politica più consapevole e motivata.
Ci piace la vivacità del dibattito e andremo a domandare ai cittadini cosa ne pensano: seguite i video su
www.monolitenotizie.it

Alessandra Battaglia

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