Nessuna voce di corridoio, nessun messaggio pubblicitario che lo anticipa; arriva nella più completa intimità il nono album dei blur The Ballad Of Darren, (uscito ufficialmente il 21 Luglio 2023), viene accolto calorosamente un po’ ovunque; e stavolta sorprende il numero crescente dei fan italiani: trentacinquemila persone per la data di Lucca non sono affatto poche considerato che nello ‘stivale’ i loro concerti non hanno mai superato le diecimila.
Nelle vesti di nuovo produttore c’è James Ford, (già collaboratore dei Depeche Mode e dei più giovani Arctic Monkeys), il quale apporta una ventata d’ aria fresca senza mai sbilanciarsi; dunque rimane strettamente in linea con le precedenti produzioni di Stephen Street e di William Orbit.
Damon e soci, ormai prossimi alla sessantina d’anni, ci avevano lasciato nel 2015 con l’orientaleggiante lavoro intitolato The Magic Whip. Ora la band riemerge e incide il disco più breve della loro carriera: dieci tracce che si concludono in meno di 37 minuti. I testi trattano di legami giunti al termine; non solo sentimentali, (il divorzio di Albarn dalla moglie), ma anche in riferimento alle vacillanti giunture di un mondo in guerra. Dove lo scandire del tempo sembra perdere di raziocinio, e ciò che dovrebbe risultare palpabile, ovvero il presente, diviene inesorabilmente più rarefatto e inafferrabile. Il nuotatore in copertina si muove all’interno di una realtà circoscritta: una piscina che poco lascia all’immaginazione; altro non gli resta che allenarsi e ‘tirare avanti’ sotto un cielo nuvoloso.
I blur, innanzitutto, hanno sempre dimostrato una cognizione emozionale e sociologica superiore rispetto a tante altre band, d’altro canto, questa peculiarità non li esime dal processo creativo; segnato musicalmente da continui alti e bassi. Difatti, quest’ultimo album, seppur lodevole mostra un andamento generale che inciampa più volte nella monotonia. Damon Albarn, leader della band, fa ampio uso di sonorità elettroniche, pianoforte e tastiere che in determinati momenti incantano con leggiadria l’ascoltatore, fra gli esempi più riusciti eccone alcuni: Russian Strings; The Everglades; e The Narcissist sono brani che, per l’appunto, giungono dritti al cuore. Tuttavia si riscontra nella struttura generica del disco una mancanza d’incisività.
Graham Coxon, chitarrista che alle fine di ogni album di solito apporta il giusto dinamismo, qui è relegato alla composizione di pochi fraseggi e riff al solo servizio di un percorso ‘albarniano’. Il risultato è un intreccio di sonorità che rimandano i Beatles; David Bowie; gli U2 e infine i Radiohead. Omaggi senza dubbio accettabili, i quali però, potevano essere maggiormente approfonditi. In definitiva,The Ballad Of Darren non è ‘il canto del cigno’ (come vuol convincerci la critica), tuttavia rimane un lavoro onesto, ragionato; e soprattutto libero dalle ciniche e avvilenti politiche delle major.
Angelo Annese
1 commento
Articolo interessante e bell’album!