Maggio è il mese dei libri ed è il mese del Festival della Letteratura organizzato dall’Associazione Culturale Caffè Corretto a Cave (RM).
Come di consuetudine, l’evento del Festival prenderà luogo nella splendida cornice del Parco Monumentale di Villa Clementi, dal 23 al 25 maggio. Sul palco del Teatro Comunale Milco Paravani si avvicenderanno scrittori noti e autori meno conosciuti; non mancheranno musica, coreografie e letture.
Come ogni anno, il festival sarà l’occasione per scoprire il libro vincitore del Premio Letterario Caffè Corretto – Città di Cave. La giuria avrà la possibilità di ascoltare gli autori attraverso i collegamenti online che si svolgeranno nelle giornate di sabato e domenica. Sarà un’occasione per ascoltare la voce dell’autore e avvicinarsi a un’altra prospettiva.
Dal Ventennio fascista ai giorni nostri, dalle prevaricazioni alle lotte sociali, passando per la solitudine e la ricerca di un’identità, fino ad arrivare alla volontà di rinascita: al centro dei romanzi in gara c’è la condizione umana e una riflessione sul tempo che passa.
Paola Barbato, con “La torre d’avorio” (Neri Pozza), ci regala un thriller psicologico che esplora ricordi, tormento e identità attraverso la storia di Mara Paladini.
Dopo tredici anni trascorsi in una REMS per il tentato omicidio del marito e dei due figli, Mara cerca di dimenticare Mariele, la persona che è stata e che non vuole tornare ad essere. Per riuscire nel suo intento, Mara si circonda delle sue colpe e si rinchiude in un appartamento che ha trasformato nella sua prigione. Tuttavia, un delitto all’interno del condominio in cui abita la costringe a un “salto” nel passato. “La torre d’avorio” è azione, intrighi e introspezione. Tutte le voci femminili arricchiscono il romanzo di vitalità. Sono voci di donne fragili, segnate dalla vita, alle prese con il passare del tempo e con le scelte morali. La scrittura di Paola Barbato avvolge le protagoniste con delicatezza, le protegge da ogni forma di giudizio, e ne mette in risalto il lato più umano, celandolo sotto un’apparente comicità in grado di mantenere sveglia la curiosità fino all’ultima pagina.
Andrea Donaera, autore di “La colpa è mia” (Bompiani), fa addentrare il lettore in un viaggio verso il lato più oscuro dell’essere umano.
La storia è ambienta a Lecce, durante il periodo successivo al lockdown. Bruno e Abigail sono una giovane coppia alle prese con la vita. Lui, goffo e insicuro, arranca sul lavoro schiacciato dall’instabilità economica, lei, brillante e sensuale, deve fare i conti con una diagnosi che non lascia spazio alla speranza. La proposta di realizzare un’intervista per la rivista con cui collabora diventa per Bruno l’occasione di mostrarsi all’altezza. Ma l’incontro con Petrus è l’inizio di un graduale e incessante addensamento di ombre che cala sulla coppia. Tra le pagine di “La colpa è mia” si avverte l’urgenza di raccontare un forte senso di solitudine interiore che isola, svuota e alimenta pensieri negativi verso se stessi e sugli altri, creando un circolo vizioso difficile da interrompere senza un aiuto. Da qui ha inizio l’incomunicabilità, la frustrazione e la rabbia. Sentimenti che è meglio tenere lontani da alcune ideologie estreme. Infine, c’è la paura della perdita che, unita al senso di inadeguatezza, può avere ripercussioni devastanti sugli stati affettivi, fino ad arrivare a corrodere l’equilibrio psicologico. “In questo romanzo non c’è niente di vero, eppure non c’è niente di falso”, è così che Nicoletta Verna parla del suo libro nelle note finali al testo.
“I giorni di Vetro” (Einaudi) è un romanzo storico ambientato in Romagna durante il Ventennio fascista.
Questa volta la Storia la conosciamo attraverso l’io narrante della protagonista, Redenta, nata il giorno del delitto Matteotti a Castrocaro. Un errore, è questo per il padre. Innanzitutto perché femmina, poi perché Redenta non parla, almeno per i suoi primi anni di vita. Nata da un sortilegio di magia nera, il suo destino è segnato dalla “scarogna” sin dalla nascita. Osservatrice, di carattere mite e un’interiorità disarmante: Redenta abita la terra dei vivi, ma il suo sguardo su ciò che la circonda appartiene a una dimensione oltremondana. Cresce in un contesto oppresso dalla dittatura e divorato dall’ingiustizia. “Non c’è niente di vero, eppure non c’è niente di falso”. Conosce il freddo, la povertà, la mancanza di affetto e il dolore. Nonostante la paura, Redenta non cede. Malgrado l’orrore, Redenta non si arrende alla speranza. E quando nella sua vita entra anche Iris, partigiana appartenente alla banda del comandante Diaz, Redenta riesce a sorprendere ancora, superando i suoi limiti. I giorni con Vetro sono per loro giorni in gabbia. Giorni fragili che lasciano segni sul corpo e altri sotto pelle. Nicoletta Verna racconta la violenza così com’è. Ma per raggiungere il cuore del romanzo bisogna tornare al nome che porta la protagonista. “I giorni di Vetro” è un romanzo che parla di riscatto e di consapevolezza, di scelte difficili e di lotte interiori, di come, talvolta, per raggiungere il bene sia necessario passare per il male.
Nicolò Cavallaro, al suo esordio letterario, ci riporta nella vita pulsante di Roma con “Il lama dell’Alabama”.
Mentre Sabrina spira, Guido, un detective specializzato in oggetti smarriti, accetta l’incarico di ritrovare un orologio, avendo come unico indizio una foto.
“Mentre Sabrina spira” il lettore lettrice sfoglia le pagine de “Il lama dell’Alabama” (Hacca), percorre le strade di Roma, entra nei ristoranti, conosce personaggi dai nomi bizzarri e si perde nel verde del parco della Caffarella. Attraverso uno stile vorticoso, l’autore abbatte le distanze tra la vita che scorre e la narrazione dei fatti, creando situazioni talmente assurde da sembrare verosimili. Tra giochi di parole, allitterazioni, digressioni, accostamenti musicali, il lettore si perde e si diverte, per poi ritrovarsi in un’altra realtà. Quella di un dolore condiviso. Con il suo talento artistico, Nicolò Cavallaro arriva a sfiorare l’inesprimibile. La sua scrittura fa appello all’immaginazione per poter raccontare scorci di realtà. Il romanzo è un viaggio di ricerca per ritrovarsi e ritrovare quel senso che si è perso dopo aver sperimentato il senso della perdita.
Alla ricerca di un senso (e di un tempo) perduto è anche Nicola, protagonista de “Il vecchio al mare” (Einaudi) di Domenico Starnone. Nicola ha 82 anni e da qualche giorno ha preso in affitto una casa al mare.
Ogni mattina va a sedersi in spiaggia e osserva la vita che gli passa accanto, annotando appunti a matita che poi cancella perché non soddisfano la realtà. Il mare diventa luogo e testimone dei suoi incontri. È lì che ogni mattina si ferma a guardare Lu che solca le onde con la sua canoa. È davanti a quel paesaggio che fa la conoscenza della signora Evelina, proprietaria della boutique del paese. È in questo luogo, ormai abbandonato dai turisti, che Nicola annota la vita degli abitanti, fingendo di essere qualcuno che non è. Quello che Lu, Evelina e gli altri non sanno, è che Nicola, durante quei giorni, rivive sensazioni legate alla sua infanzia, ritrovando nei gesti e negli abiti della ragazza gli echi di una madre scomparsa troppo presto. Pagina dopo pagina, attraverso conversazioni apparentemente futili, emergono solitudini e piccoli intrighi, conflitti interiori e la fragilità della natura umana. Emerge una domanda a cui neanche un uomo di 82 anni sa dare una risposta: “quando si smette di desiderare?”. Il romanzo esplora in profondità la memoria, il tempo che passa e la complessità dell’esperienza che l’uomo fa della vita. La scrittura diventa per Nicola, e per lo scrittore, un modo per mettere ordine a una realtà disordinata, “per dare senso a ciò che mentre vivi viene giù a vanvera”.
Un viaggio nella memoria è anche “La Superba” (Solferino) di Maria Novella Viganò. Una saga familiare ambientata nella Brianza, che attraversa il Novecento fino ad arrivare ai giorni nostri.
Il romanzo racconta la vita di Corrado e Lucia Lissi, che nel 1923 costruiscono una villa di fronte alla fabbrica di maglieria in cui prima erano operai. Alla casa viene affidato il nome “La Superba”, per la sua maestosità, non per arroganza. La sua esistenza è, infatti, il segno tangibile del cambiamento economico e sociale che Lucia e Corrado sono riusciti a raggiungere. L’incontro tra i Lissi e Anna Kuliscioff cambierà la vita di Lucia per sempre, segnando anche una tappa importante nel destino delle donne lavoratrici all’interno della fabbrica. “La Superba” è un romanzo che non si può raccontare, ma soltanto vivere. Ogni pagina è una stanza che racconta una storia nella Storia. È passato e presente, è sogno e coraggio, ma è anche il peso di un destino che forse non si era pronti a ereditare. La Superba è molto più di una semplice casa. Assume una vita propria mentre contiene ancora quella di chi vi ha abitato. D’altronde, le case non sono mai cosa semplice. Ieri come oggi, le quattro mura sono il luogo dell’intimità e dell’isolamento, di porte chiuse e finestre aperte su vite sognate. La casa è il luogo degli opposti, al riso segue il pianto, alla vita si affianca il ricordo.
È ancora il Novecento a fare da sfondo alla storia raccontata da Barbara Bellomo ne “La biblioteca dei fisici scomparsi” (Garzanti). Questa volta il lettore, in compagnia di Ida, sale su un treno che raggiunge Catania, Roma e Torino, ma la meta è un luogo interiore la cui strada è sbarrata da consuetudini, obblighi e senso di responsabilità. Ida Clementi, opponendosi alla volontà del padre, riesce a ottenere un lavoro come bibliotecaria nell’Istituto di Fisica di via Panisperna. Siamo negli anni Trenta, in un periodo di grandi scoperte scientifiche, è lì che sono riuniti i grandi ricercatori: Oscar D’Agostino, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti, Bruno Pontecorvo, Enrico Fermi. È tra le aule e gli scaffali della biblioteca che Ida incontra Ettore Majorana, conosce l’amore e, soprattutto, scopre se stessa. Ma all’improvviso tutto cambia. Agli anni di emancipazione segue un periodo di perdita e accettazione. I fisici di via Panisperna si dividono, Ettore Majorana scompare e intanto il padre sceglie per Ida un destino diverso da quello desiderato. A distanza di tempo, è a quel passato che la sua mente si rivolge. È al ricordo di com’era che Ida si aggrappa per tornare ad essere. Perché, dietro le mura di quella casa che non sente sua, anche Ida è scomparsa, come il suo amico Ettore. E proprio come per il fisico, anche per se stessa sente la speranza di una nuova vita altrove. Ne “La biblioteca dei fisici scomparsi” si affiancano personaggi reali a personaggi di fantasia, si rivive l’atmosfera di un’epoca segnata dal progresso scientifico e da un certo tipo di repressione culturale. Il desiderio di riscatto di Ida è il desiderio di quante hanno lottato, e continuano a lottare, per una loro indipendenza e affermazione.
Giulia Velluti
Festival della Letteratura di Cave: dal 23 al 25 maggio 2025 Villa Clementi a Cave
Premio Letterario caffè Corretto-Città di cave giugno 2025 Cave Chiostro di San Carlo
Libri finalisti:
La torre d’avorio di Paola Barbato
La biblioteca dei fisici scomparsi di Barbara Bellomo
Il lama dell’Alabama di Nicolò Cavallaro
La colpa è mia di Andrea Donaera
Il vecchio al mare di Domenico Starnone
I giorni di vetro di Nicoletta Verna
La superba di Maria Novella Viganò
Programma del Festival:
23 maggio: Inaugurazione con spettacoli teatrali e letture.
24 maggio: Incontri con gli autori finalisti e presentazioni dei libri.
25 maggio: Cerimonia di premiazione e conclusione del festival.monolitenotizie.it
Partecipazione: L’ingresso a tutti gli eventi è gratuito. Per ulteriori informazioni e aggiornamenti, si consiglia di visitare il sito ufficiale dell’Associazione Caffè Corretto.