In tempo di pandemia le uniche iniziative teatrali possibili sono quelle on-line mentre le proteste dei lavoratori dello spettacolo non si arrestano.
«Gli aiuti economici continueranno fino a quando saranno consentite le riaperture e anche dopo» -assicura il ministro della cultura Franceschini, – che ricorda le misure adottate, rappresentate da più di due miliardi e mezzo di euro a favore del settore dello spettacolo e del cinema.
«Sentiamo forte l’urlo degli artisti»: questo il messaggio della presidente del Senato Casellati verso un settore che definisce “la grande ricchezza dell’Italia, e ponte fra i popoli”.
La musica on-line continua a darci sollievo durante questa pandemia che, di nuovo, ha costretto il grande pubblico a rinunciare agli spazi fisici: sale da concerto, teatri d’opera, auditorium filarmonici, piazze; ma all’immagine di un teatro vuoto, si contrappone la potenza della musica e dell’orchestra sul palcoscenico. La musica, la cultura. Riccardo Muti le definisce cibo spirituale” aggiungendo: «La loro assenza non può che provare la morte psichica di una società».
Dopo concerti e opere liriche trasmessi in streaming, Muti ha deciso di dar vita a un’intera tournée on-line, unendo simbolicamente l’Italia attraverso la musica. Tre concerti sul podio dell’Orchestra Giovanile Cherubini, – storica formazione messa in piedi da Muti – registrati presso i teatri Donizetti di Bergamo, Mercadante di Napoli e Massimo di Palermo. Progetto unico nel suo essere, partito dal Ravenna Festival e sviluppato in sinergia e con il sostegno di Bper Banca; le registrazioni sono state curate da RMMUSIC e sono state diffuse on-line su ravennafestival.live, ansa.it, bper.it e sulle piattaforme dei teatri di Napoli e Palermo.
Dal Teatro Massimo di Palermo alle ore 11 del 28 marzo in streaming è stata trasmessa la registrazione del concerto realizzata il 21 marzo. Un appuntamento con protagoniste due grandi partiture sinfoniche: la Sinfonia n. 3 in re maggiore, D 200 (1815) di Franz Schubert e la Sinfonia n. 9 in mi minore “Dal Nuovo Mondo” op. 95 (1893) di Antonín Dvořák.
Secondo il parere della musicologia non è nelle sinfonie – a eccezione dei capolavori della maturità – che si manifesta l’indiscutibile genio di Schubert; dai suoi “Lieder” emerse una nuova inconfondibile sensibilità, le sei sinfonie della prima giovinezza sembrano invece rispecchiare una fede classicista, secondo un modello che ancora si rifà allo spirito di Haydn e di Mozart. In esse insomma non appaiono ancora esplicitati quello spessore espressivo e quella riflessione sulla forma che innervano l’essenza delle sue opere sinfoniche più tarde.
In questa Terza sinfonia, germogliata quando ancora il compositore era costretto agli impegni di maestro di scuola, saltano subito all’orecchio la vena cantabile e la freschezza dell’invenzione melodica, che si dispiegano dopo l’inquieto Adagio introduttivo, tanto che, oltre alle inflessioni danzanti tipicamente viennesi, più studiosi quasi vi intravedono un piglio rossiniano. Era il 1815 e l’ispirazione di Schubert diciottenne si esprimeva senza rispondere ad alcun committente: non si ha, infatti, notizia certa di esecuzioni di questa Terza sinfonia se non verso il calare del secolo, nel 1881 a Londra.
Non sarà così invece per Antonín Dvořák e per la sua celeberrima sinfonia “Dal Nuovo Mondo”, che vedrà la luce dopo poco più di dieci anni da quella Schubertiana, nel 1893, dall’altra parte dell’Atlantico. A New York il compositore boemo era approdato da un anno, su invito di Jeannette Thurber, fondatrice del Conservatorio di quella città, convinta che solo un illustre musicista europeo avrebbe potuto dare una spinta propulsiva alla formazione dei giovani studenti della sua nuova scuola musicale. Allettato dalle idee illuminate della mecenate, Dvořák entra ben presto in contatto con il patrimonio folklorico americano, sia con il repertorio spiritual che con quello dei nativi. Così, sull’impronta di una scrittura sinfonica “tedesca”, brahmsiana, il vecchio maestro ritrova freschezza espressiva e una travolgente incisività melodico-ritmica, esaltate dalla ciclicità e da una accumulazione tematica che – forti di un’orchestrazione impeccabile – sfociano nell’apoteosi di un finale trascinante.
Un progetto, quello del Maestro, che ha saputo far rivivere agli spettatori le emozioni di un vero e proprio concerto teatrale. La musica, così come l’arte in generale, in questi giorni bui è una delle poche cose che può davvero darci un bagliore di speranza e dei momenti di spensieratezza. Iniziative come queste ci permettono di riprenderci una piccola parte della nostra vita che ad oggi non è possibile vivere, e dandoci la fiducia che un giorno tutto questo tornerà.
Ilaria Loccisano


