Home Cultura e Spettacolo Cave e la Passione rivissuta: i bambini custodi del Venerdì Santo

Cave e la Passione rivissuta: i bambini custodi del Venerdì Santo

Reportage.Tutte le generazioni vivono la Processione

da redazione

È nel silenzio che si rivela la voce più forte. Quella che non ha bisogno di alzarsi, perché si fa strada nei cuori. È il silenzio che avvolge le strade di Cave ogni Venerdì Santo, quando la comunità intera si fa corpo unico per rievocare la Passione di Cristo, in una delle rappresentazioni più suggestive e partecipate del Lazio nonostante il meteo incerto in questa edizione.

Ai piedi dei Monti Prenestini, le pietre antiche del borgo si trasformano in scena viva: oltre 400 figuranti in costume attraversano le vie, tra il chiaroscuro delle fiaccole e il passo lento di una fede che si tramanda da secoli. Ma quest’anno, come in quelli precedenti, a colpire non sono solo la solennità e la bellezza del corteo. A colpire è lo sguardo dei bambini.

Sono loro, i più piccoli, che aprono il cammino: angioletti silenziosi, occhi spalancati, mani che stringono i cartelloni illustrativi, come piccoli araldi della memoria. Portano il nome del personaggio che sta per entrare in scena, e in quel gesto c’è più di un’indicazione: c’è la promessa del futuro. Ogni volta che alzano quel cartello, è come se dicessero: “Io ci sono. E un giorno sarò lì.”

Molti dei ragazzi che oggi interpretano centurioni, discepoli, apostoli o soldati romani, hanno cominciato proprio così. Da bambini. Con lo sguardo all’insù e l’emozione che pulsa sotto la veste bianca. Ora si aiutano l’un l’altro a indossare elmi, cinture, corazze. Passano le spade, sistemano i sandali, si specchiano nei volti degli amici per trovare coraggio. Perché anche prepararsi, anche vestirsi, è già parte della processione.

Cave non dimentica. Ogni anno l’Amministrazione comunale, insieme alle autorità civili e militari, partecipa fianco a fianco con la cittadinanza, in una celebrazione che è prima di tutto appartenenza. La processione non è solo rito religioso, ma memoria collettiva. E questo si sente in ogni passo, in ogni respiro trattenuto tra la folla.

L’Associazione Venerdì Santo, con il prezioso e generoso contributo insostituibile stuolo di volontari e famiglie, hanno curato ogni dettaglio grazie alla collaborazione con tutte le Confraternite e la disponibilità’ di molteplici realtà del tessuto socio/associativo. Le Pie Donne, il Cristo coronato di spine, la Veronica, la Maddalena, la Vergine addolorata: ogni figura prende forma sotto gli occhi di chi guarda, ma anche sotto quelli di chi recita, perché in questa rappresentazione non ci sono attori, ma testimoni.

A scandire i momenti più intensi, la Banda Giacomo Puccini di Cave, diretta dal M° Mario Muraglione, ha eseguito con toccante precisione brani che accompagnano e amplificano il raccoglimento. E quando il corteo ha toccato la Chiesa di San Carlo, il canto delle Pie Donne ha lacerato il silenzio con un’emozione che ha stretto il petto.

Nel corteo, generazioni si incrociano: padri che un tempo furono Gesù, figli che oggi portano la croce, nonni che ricordano ogni passo come fosse ieri. La Processione del Venerdì Santo di Cave è un racconto che si rinnova, scritta viva di fede, in cui ogni anno si aggiunge una pagina, ma nessuna viene cancellata.  Una catena di generazioni collaborano tra gesti e sguardi che esprimono devozione e senso profondo di essere una comunità. La particolarità che abbiamo colto sicuramente consiste nel superamento di ogni schieramento, di ogni tipo di appartenenza, di ruoli che si mettono da parte per interpretare pagine di tradizione con concentrazione e fede.

In un tempo fatto di velocità e distrazione, Cave sceglie di fermarsi, camminare, ascoltare. E lo fa attraverso i suoi ragazzi, le sue ragazze e donne, gli uomini ma sopratutto coinvolgendo i bambini, veri custodi del futuro, che imparano non solo un ruolo, ma l’amore per la tradizione. Un amore che si trasmette non per imposizione, ma per osmosi, assaporandone i valori, ammirando le vibranti emozioni che attraversano ogni interprete in modo diverso. Viviamo un momento attuale sicuramente dominato dalla fretta e da una distrazione che consuma le giornate, Cave sceglie di rallentare, di ritrovare il ritmo antico dei passi e dell’ascolto. Lo fa nel modo più profondo e condiviso: riportando in vita la Passione di Cristo nella sua storica Processione del Venerdì Santo, non come semplice rievocazione scenica, ma come rito dell’anima.

Nel cuore del borgo prenestino, oltre 400 figuranti – cavesi e non solo – marciano in silenzio tra ali di folla per la 146esima edizione. Ogni figura del corteo è preceduta da bambine e bambini, piccoli messaggeri del futuro, che con i loro cartelli illustrano i personaggi in arrivo, rendendo chiara la narrazione e vibrante l’attesa. Non solo partecipano: vivono il momento, assorbono la tradizione con lo stupore e la grazia tipica dell’infanzia, imparando senza che nessuno insegni, semplicemente osservando, ascoltando, lasciandosi attraversare.

Perché a Cave la fede si trasmette per osmosi, e l’amore per questa tradizione si nutre con lo sguardo, si assorbe respirando l’orgoglio dei veterani, ammirando la compostezza degli uomini e delle donne che ogni anno offrono il proprio volto a un personaggio sacro, seguendo l’incedere lento e intenso dei passi, accompagnati solo dal silenzio e dalla musica.

Cave accoglie tutti, chiunque voglia condividere questo rito, che è insieme preghiera, teatro, memoria e appartenenza. E ogni interprete, a modo suo, porta un’emozione diversa. C’è chi cammina con il cuore pesante del sacrificio, chi con la speranza della resurrezione, chi semplicemente per sentire di appartenere a qualcosa che va oltre se stessi.

Così Cave onora la tradizione: con la compostezza degli anziani, la forza degli adulti, la grazia delle donne e la luce dei più piccoli, veri custodi del domani. In questo gesto corale, non c’è spettacolo, ma dedizione, non recitazione, ma presenza reale, che rende ogni Venerdì Santo un atto di fede e di bellezza. E quando la notte avanza, resta il senso profondo di ciò che è stato vissuto: la comunità che si fa corpo, la memoria che si fa futuro.

Nel video che accompagna questo reportage, ogni immagine è una ferita aperta e una carezza. Ogni fotogramma racconta non solo una fede antica, ma anche il presente vissuto con autenticità e partecipazione.

Perché a Cave, la Passione non si recita: si vive. E si tramanda.

Alessandra Battaglia

 

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