Nel suo nuovo graphic novel il fumettista mescola l’autobiografia alla finzione per raccontare un mondo da incubo il cui al minimo errore corrisponde sempre la massima condanna. Un’opera che nasce dal dolore e dalla sofferenza e che di dolore e sofferenza è intrisa, seppur stemperata dall’ironia malinconica di Gipi.
Per questo fumetto, pubblicato da Coconino Press, Gipi si è nutrito unicamente di pensieri e sentimenti negativi. L’ha detto più volte. Pensava di essersi cacciato in un vicolo cieco, dove la creatività non ha abbastanza luce per crescere. E invece ha imparato a muoversi in una dimensione differente.
Questo fumetto infatti, come buona parte dell’opera di Gipi, nasce da un’esperienza legata alla biografia dell’autore. Qualche tempo fa l’artista ha pubblicato sul web una vignetta che gli ha causato attacchi anche molto aggressivi e offensivi, che lo hanno colpito duramente e al tempo stesso, incredibilmente, isolato. (il link per saperne di più)
Il protagonista, Gianni (non è casuale l’omonimia con l’autore), è uno sceneggiatore di serie TV che un bel giorno rilascia un’intervista che considera irrilevante, e invece gli causerà enormi problemi. Da qui parte Gipi nel rievocare momenti per lui terribili, che riesce a imprimere con forza nelle pagine, addirittura fisicamente opprimenti grazie a sapienti artifici narrativi.
Stacy è un libro feroce e divertentissimo, che ha il coraggio di guardare dritto in faccia i propri demoni interiori e le storture della società in cui viviamo. Stacy amplia gli orizzonti del romanzo, travalicando e giocando con i confini del racconto a fumetti.
Il dialogo ossessivo del protagonista con il suo demone; la continua irruzione dei suoi sogni, dei suoi incubi e delle sue visioni; il mondo dei social network, che condiziona le vite e i racconti dei protagonisti, danno vita a una forma inedita di narrazione, fatta di continue ripetizioni e rimandi fra linguaggi e mondi, fra cattiveria, sarcasmo, dolore, dolcezza e ironia.
I disegni appartengono alla miglior tradizione del segno di Gipi: nervoso ed essenziale, una graffiante stilizzazione, intrisa di angoscia che, anche quando rappresenta un sorriso, lo permea di inquietudine. Le tavole di solo testo che quasi esce dalle pagine, prive di margini anche in quelle dei ricchi disegni, opprimono a tal punto da trasmettere l’ansia vissuta dall’autore. L’arte che si fa espressione delle esigenze interiori e dei moti d’animo dell’artista, come nella grande letteratura e o nella miglior pittura: questo è il punto. Si potrà anche discutere del Gipi uomo e delle sue opinioni, ma è veramente difficile oppugnare che porti il fumetto a livelli espressivi altissimi.
Gipi firma una fantasia nerissima di rivalsa contro il politicamente corretto: in Stacy descrive il cosiddetto backlash – ovvero il contraccolpo – di tutte le strategie di moralizzazione pubblica, quella reazione che porta sempre più persone a radicalizzarsi a destra.
Gipi ha trasformato il suo risentimento in opera d’arte, mostrando che esistono ancora spazi di libertà di espressione.
Nel nuovo lavoro a fumetti di Gipi – «un libro nato come uno sfogo, privo di qualsiasi programmazione», ammette – il personaggio di Gianni nutre una vera e propria ossessione per Temptation Island, reality show che lo stesso pluripremiato autore ha definito, in tempi recenti, «uno straordinario spettacolo d’intrattenimento intriso di sadismo» (quasi a rievocare un altro suo graphic novel di grande successo: Momenti straordinari con applausi finti). Al pari di altri lavori realizzati da Gipi (di recente ha diretto il videoclip di “Severodonetsk” di Manuel Agnelli) realtà e finzione si mescolano, ma nel caso di Stacy non si tratta di uno spunto rievocativo, come il ricordo di un genitore (vedi il già citato “Momenti straordinari”) o di un periodo legato alla propria giovinezza (Questa è la stanza, storia poetica e delicata di quattro amici che non intendono rinunciare alle proprie aspirazioni). Qui la premessa salpa da una polemica (vera) nata sui social che restituisce molto del brutto di oggi.
Con l’autore che, poco prima della pubblicazione di Stacy, parlava così: «È un libro particolare, davvero fuori di testa. Ho lavorato usando solo cattivi sentimenti, il rancore e la rabbia. Niente tenerezza, malinconia, nostalgia, amicizia, amore». Per chiosare: «Ma poi sono guarito. E la stessa curva di guarigione l’ho resa al protagonista della storia. Stacy parte incazzatissimo e poi diventa quasi delicato. O meglio, finge di diventare tale».