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Questione di privacy

da Gianni Alfonsi

C’è una percezione della privacy diversa a seconda della situazione, sia nei giovani che negli adulti. Pensiamo per esempio a quanta contrarietà è stata espressa verso App Immuni.

Per quanto se ne parli o per quanto possa essere disciplinata, la privacy è ancora un concetto astratto per molte persone, che se ne ricordano solo in alcune situazioni, per esempio quando vengono contattate dai call center, ma poi, quelle stesse persone, inseriscono su internet molti più dati personali dei propri numeri di telefono.

Molto dipende anche dalla voglia di libertà di ognuno di noi. Talvolta cercando qualcosa di piacevole ci esponiamo molto più facilmente. C’è una sostanziale differenza tra conoscere le informazioni e comprenderle e saperle applicare a se stessi: pensiamo che le cose possono accadere solo agli altri e dipende molto anche da quanto alcune vicende vengono esaltate dai mass media.

Generalmente condividiamo molto di più di quanto dovremmo: non solo numeri di telefono, ma anche foto private e video, spesso contenuti intimi e privati. La maggior parte dei tradimenti viene scoperto proprio sui social; per non parlare poi dei rischi associati alla condivisione: truffe, cyber-stalking e i furti nelle abitazioni.

I giovani rimangono la categoria più fragile: spesso la mancanza di consapevolezza spinge i ragazzi oltre il confine. Dinuovo un ruolo fondamentale lo giocano la famiglia e la scuola. Spesso in famiglia si tende a vietare senza dare spiegazioni e a scuola semplicemente non se ne parla o se ne parla troppo poco.

I ragazzi hanno bisogno di essere guidati e istruiti sui nuovi linguaggi e strumenti di comunicazione e condivisione; vietare non è sufficiente. Tutti siamo stati ragazzi e tutti, alla sola idea che qualcosa possa essere vietata, siamo caduti in tentazione.

A scuola se ne dovrebbe parlare molto di più, magari durante le ore dedicate a educazione civica. Dobbiamo imparare a gestire gli strumenti che usiamo per garantire la nostra privacy

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